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      Due cose hanno a mio credere condotto il re nello stato presente: l'autorità suprema divisa con troppa uguaglianza tra il re e i sudditi, ed il mutamento della religione. La prima, alterando per natura della propria incompatibilità l'antico governo del Regno, lo rivoltò in tanto favore del re, che quello, per assicurarsene il possedimento, venne coll'estremo del rimedio a farlo divenir seme di nuovo male; il quale, insensibilmente aumentandosi, è ritornato nel primo stato di quel primo pericoloso equilibrio d'autorità tra il re e i sudditi, onde ogni giorno si può temere che arrivi il punto in cui cominci a operare l'ordinaria incompatibilità di questo governo. Con questa differenza però: che dove nel primo combattimento la religione militava dalla parte del re, in questo gli sarà contro; e dove prima il re vinse ed esterminò i suoi nemici con apparenza di beneficarli (onde non pensaro alla difesa se non dopo che furono affatto in terra), ora gli converrà vincere col sangue e coll'armi: e queste gliel'hanno a somministrare i suoi nemici stessi, o ha da aspettarle per merito di una saggia condotta dall'opportunità delle congiunture. E che sia il vero, le ricchezze, il seguito e la forza della nobiltà, che aveva altre volte deposto il re, fece sì gran paura ad Enrico VIII (che senza adularsi riconosceva il debole de' suoi dritti alla corona), che l'obbligò, per assicurarsene, a disunirla e distruggerla. Ciò, come ho detto, gli riuscì di fare con apparenza di benefizio: poiché, risguardando allo stato di ultima oppressione nel quale si ritrovavano i nobili, attesa la soma insopportabile degli eccessivi debiti impossibili a sodisfarsi con gli avanzi delle rendite annuali, repugnando la legge alla distrazione de' fondi, dispensò sotto specie di paterno affetto al rigore di quella; e in un tempo medesimo, coll'impoverimento dei più potenti, parte rimasti esausti dai pagamenti parte dalla divisione delle famiglie, per l'uguale scompartimento dei beni liberati dai vincoli delle primogeniture, dissipò tutte l'ombre de' suoi sospetti ed assicurò, coll'aggiunta dell'autorità mancata ne' nobili, la sussistenza di quella che, per esser troppo egualmente spartita, lo rendea mal sicuro.


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Relazioni di viaggio in Inghilterra Francia e Svezia
di Lorenzo Magalotti
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Regno Enrico VIII