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      Osservato adunque il grado al qual rimaneva l’argento nel ramo più stretto A B, poiché fu dato l’adito all’aria non se ne vedde partire. Quest’esperienza si replicò moltissime volte, e l’effetto ci tornò sempre il medesimo.
      Quelli finalmente che avevano per certissimo effetto della pressione dell’aria il sostentamento de’ fluidi a determinate altezze, vollero pur vedere se l’aria che preme sopra i loro livelli stagnanti, quando sia costretta a passar per lambicco d’un sottilissimo cannello ed abbia a condursi per esso a premere, indebolisca di tanto che s’arrivi ad osservare scemamento sensibile nell’altezza del fluido da essa in tal maniera premuto. Ciò secondo loro averebb’avuto verisimilmente a succedere, mentre venendo a perdere e a indebolirsi l’un de’ momenti, ne veniva per necessaria conseguenza[7] che l’altro dovesse preponderare, alterando il primo equilibrio.
      Si prese dunque una canna (56) come A B C D, la cui altezza A B era due braccia e la rivolta B C un mezzo, tirata a quell’estrema sottigliezza e maggiore che si rappresenta nella figura. Questa, che aperta era in A e in D, s’incomincìò ad empier d’argentovivo per la bocca A, finche nella rivolta B C D giugnesse l’argento in D, dove arrivato sigillossi alla fiamma il beccuccio C D. Poi finita d’empier la canna fino in A, si serrò al solito con vescica, e spuntato il beccuccio D incominciò a stillarne l’argento assai stentatamente, al contrario di quel ch’ei fa quando l’aria l’incalza per l’altra parte, in vece della qual’aria nella presente canna A B non v’er’altro che il voto il qual s’andava a mano a mano facendo verso A, onde l’argento non era spinto fuori con altro momento che con quello della propria altezza sopra il braccio e un quarto preso da C verso A. Arrivato ch’egli fu in F, a quella medesima altezza sopra il livello C, alla quale in quello stesso giorno fu osservato reggersi in un’altra canna immersa in un vaso assai ampio, restò subito di versare.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
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