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      Di più gli orli dell’apertura erano arrovesciati in fuora; onde si raccoglie che grandissimo dovess’esser l’impeto con cui fu fatta, e maggiore sarebbe stato ancora se si fosse congelata maggior quantità d’acqua di quella che si congelò, avendo noi ritrovato che rotto quel primo velo quasi tutto il rimanente era fluido.
     
      SECONDA ESPERIENZA
     
      Veduto che la forza dell’agghiacciamento era superiore alla resistenza di questo primo vaso, pensammo a far una palla d’argento (62) ma di getto grossa quant’una piastra e di figura ovata, fatta da aprire e serrar nel mezzo con una vite, e con un’altra nella bocchetta fattale in cima del collo, secondo apparisce nella figura. Serrata dunque e stretta gagliardamente dentr’una morsa la vite del mezzo l’empiemmo d’acqua, e chiusa diligentemente ancora dall’altra banda la mettemmo nel ghiaccio asperso di sale, di dove avendola cavata di lì a poco la ritrovammo perfettamente salda. Apertala nel mezzo cavammo fuori l’anima di ghiaccio, ma di ghiaccio assai tenero e men trasparente del ghiaccio ordinario, e forse alquanto più denso e serrato di esso, poiché messo in acqua non ci parve che galleggiasse tanto quanto quello suol fare, pescando a giudizio di tutti alquanto più a fondo. Nel mezzo aveva una cavità capace d’una grossa mandorla senza la scorza. Quest’esperienza fu da noi replicata parecchie volte e sempre ci tornò la medesima.
     
      TERZA ESPERIENZA
     
      Si maravigliavano alcuni di questo impensato accidente parendo loro a prima vista che non solamente contrariasse il detto del Galileo, ma quel che maggior cosa è, la stessa esperienza, vedendosi pure che per denso e pesante che ci paresse questo ghiaccio in agguaglio di quello che sa far l’aria senz’altro magistero che del suo freddo naturale, bisogna pur ch’e’ fosse più leggiero dell’acqua, mentre finalmente o poco o assai pur vi stava a galla.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
pagine 165

   





Galileo