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      Si consideri ora che la resistenza allo staccamento delle due basi non fu maggiore di tre libbre come si disse, e la forza della creduta leggerezza nel cilindro si trovò di cinque: adunque in tal caso quella della leggerezza fu maggiore di quella dell’attaccamento. Tornandosi per tanto a considerare il cilindrico di legno A B attaccato con la sua base B C alla base O P, vi sono due forze che lo contrastano; una di tre libbre che è dell’attaccamento la qual lo trattiene; l’altra di cinque che è della leggerezza la qual vorrebbe sollevarlo; doverebbe dunque la minor forza restar superata dalla maggiore e sì venir sollevato il cilindro; ma ciò non segue, poiché egli non si distacca: pare adunque che debba dirsi che quel che lo leva a galla sia altro che leggerezza.
     
      SECONDA ESPERIENZA
     
      Sia un vaso di legno come A B C D, (93) nella grossezza del di cui fondo s’incavi al torno un emisfero E F G perfettamente uguale a quello d’una palla d’avorio H la qual vi s’adatti nel suo maggior perimetro E G. Empiasi poi tutto il vaso d’argento vivo sì che tutta la palla vi si sommerga. Par manifesto che, sostenuto il peso dell’argento vivo dal fondo del vaso ed impeditogli lo scorrere tra l’inferior convesso della palla ed il concavo di esso vaso dallo squisito toccamento di quella nella circonferenza E G, non potrà, discendendo quivi, scacciarla con la sua circumpulsione, ma potrà bene la natural leggerezza dell’avorio, s’ella pur vi è, nel gravissimo ambiente di quell’argento levarlo a galla; ma ciò non si vede seguire, rimanendo la palla immobile nel suo incastro sotto qualsivoglia altezza d’argento vivo.


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Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia Lorenzo Magalotti
di Lorenzo Magalotti
pagine 165

   





Empiasi