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      Il buon umore era tornato, accresciuto dalle frottole di Pelacane, contro il quale si dirigevano i nostri frizzi, ch'egli - da filosofo - accoglieva con indifferenza e sorrisi, seguitando nelle sue indicazioni:
      - Signori, badino! prendan di qua; occhio ai piedi, e volgano di là....
      Oh! la sapeva bene la sua parte!
      L'aurora appariva festosa, ma la brezza obbligava a stringerci i panni addosso e ad affrettare i passi invero, non era facile avanzare per quella piaggia solitaria, popolata di arboscelli e ingombra di cespugli biancheggianti di brina.
     
      Imbacuccato nel suo gabbano, col naso rosso come un peperone, Pelacane mandò un uhm! prolungato e sinistro.
      - Che c'è egli di nuovo?
      - Nulla... per ora,... ma se fosse da scommettere....
      - Da scommettere.... che cosa?...
      - Che avremo una brutta giornata.
      - Alla larga, uccello di cattivo augurio!
      - Fiuto il tempo dall'aria, io; e l'aria si fa sentire, e come! Se ne accorgeranno.
      - Sicuro! - sclamò il dottore. - Con quest'aurora di fuoco.... Comprendo, rimpiangi, poltrone, il calduccio delle lenzuola.... accanto alla moglie.
      Fu una risata generale.
      - Magari! sor magnifico, magari fossimo ancora a’ bollori d'una volta! Ma lei dunque non sente questi buffi che tagliano il viso?
      - O non vedi che il cielo pare un cristallo, almeno dinanzi a noi?... Temi forse quei nuvoloni vaganti, che i raggi del sole tra poco avranno mandato in dileguo?
      L’altro, come non avesse inteso:
      - Di qua - accennava -, di qua, chi vuol salire; pel sentiero si scende.
      - Che ti fai celia di noi?


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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