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      - O che sei matto? - urlò il dottore - discendi una buona volta e vediamo di fare un po’ di caccia.
      - La si vuole tutti; ma comincio a dubitarne.... - osservai.
      - Giù, ti dico!
      Era come parlare a un sordo. Si udì a un tratto:
      - Attenti!
      Ci guardammo l'un l'altro, ripetendo:
      - Attenti!
      E di nuovo:
      - In guardia!
      Avevamo gli occhi fissi al masso, il quale, oscillando, stava per precipitare; e quegli come uno Stentore:
      - Parte!
      Ci traemmo indietro istintivamente.
      Il pietrone, piegato sopra sè stesso, fece alcuni salti, lasciando un segno biancastro dove batteva. Il terreno era squarciato. A mezzo la china urtò con violenza nella punta d'una roccia, che ne smorzò l'impeto, facendolo deviare a destra: la terra pareva tremare; e giù, giù: ruzzolava superbo.
      - È qui!
      - Guardatevi!
      Posati gli schioppi, scendemmo sull'orlo del cratere per contemplare il gran salto e udire il rumore dell'urto; e subito, come spinti da una stessa molla, giù lungo distesi sul declivio, intanto che Pelacane seguitava a gridare:
      - At-ten-ti!
      - Eccolo! - esclamò il dottore commosso.
      Urtando impetuoso contro una vecchia ceppaia, il masso si sollevò, descrisse una gran curva e giù nell'abisso.
      Fu un istante di trepidazione vivissima; non si respirava per sentire.
      - Ton! ton! ton!
      Si diffuse un rumor cupo, indistinto; e.... infine silenzio.
      Ci guardammo l'un l'altro stupiti, levandoci su in piedi.
     
      I cani latravano rabbiosamente, e Pelacane scendeva mandando urli selvaggi.
      E il dottore serio serio:
      - È una profondità spaventevole; sarei curioso di poterne speculare il fondo: manifestazioni pericolose della natura!


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





Stentore Pelacane Pelacane