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      - Quello dei toiranesi fu un tentativo temerario, tanto che per poco... - notava il vecchio.
      - Il poveretto - soggiunse pronto Pelacane - non sprofondò nel fuoco; ma ne uscì concio a dovere: i capelli bruciacchiati, il volto abbronzito e le carni rosolate come un cappone allo spiede.
      Uno scroscio di risa troncò il dialogo, uno scroscio così rumoroso da far perdere allo stesso chiacchierone tutta la sua serietà; ne rideva ei pure, guardando a destra e a manca. Ginepro soltanto rimase serio, come per dimostrare col contegno la sua disapprovazione alla nostra poca fede.
     
      Pelacane riprese:
      - Anche mio nonno, buon'anima, quando parlava della discesa dei toiranesi nel Buranco, confermava le dicerie o credenze del paese e dei dintorni. Quell'ottimo vecchio, era uomo di cervello fine, che godeva di molta riputazione. Bisognava sentirlo a parlare! Conosceva a menadito tutte le storie degli scomunicati, e sapeva persino il sentiero dell'asino che ne portava il cadavere. Quanto alla buca o pertugio, da cui esce calore e fumo, sosteneva che, a volerlo, se ne poteva accertare con un buon canocchiale, nelle belle giornate, quando il sole si trova al meriggio e manda un filo de’ suoi raggi in quel buio pesto. E voi, che ne pensate, Ginepro? Non avete mai sentito dire simili cose?
      Il vecchio rimase sordo come un muro, continuando a guardare il fuoco.
      L'altro, indispettito, volgendosi con aria canzonatoria:
      - Già, a parlar di questi fatti a loro, c'è da perdere il fiato, perchè hanno il cuore indurito, e son privi della grazia di Dio: oh, se avessero visto l'inferno, se l'avessero visto!


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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