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      Taluno invece crede fosse una vera lupa naturale, addimesticata dai frati della Certosa, i quali tenendola di giorno fra le mura del convento, lasciavano che di notte scorazzasse a suo gusto ne’ poderi monastici a far la guardia. Bella scoperta davvero, una lupa guardiana dei beni de’frati! I maligni poi, eterne male lingue, miscredenti e nemici della religione, pretendono nientemeno di trasformare la bestiaccia in una bella e procace penitente, intenta a insegnare ai monaci le mortificazioni della carne. Vedete mo’ se la trovata non è degna de’ più sfrontati e scandalosi nemici della chiesa! A sua volta Papirio, per troncare le disquisizioni irriverenti e salvare il decoro, se non l'onore, delle cocolle, vorrebbe dare a intendere che la maledetta lupa appartenesse realmente alla congrega delle sciagurate e insaziabili megere, use a recarsi ai tripudî sfrenati del sabbato nei prati di Sant'Agostino e del Fontanino. Come si vede, non si può negare a Barbabianca il merito delle buone intenzioni e del suo rispetto verso i benemeriti Certosini. Le molteplici versioni consentono i più disparati giudizi sulla contrastata leggenda.
      In quanto all'assunto o ghiribizzo di spiare il diavolo alla bocca della voragine, dicesi che la strega, non sì tosto udito giù per l'abisso il tonfo dello scomunicato, si sbizzarrisse nelle più strane forme - di serpe, di rospo, di cane e di coccodrillo -, facendo sentire nei pressi, e lungo la valle, fischi, guaiti e urli spaventosi. E ci si agginge che, talora, destandosi d'improvviso intorno a lei un gran cerchio di fuoco, vi ballasse dentro, incolume a guisa di una salamandra, vomitando imprecazioni e bestemmie da disgradarne il diavolo.


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La leggenda del Burando
Streghe folletti e apparizioni in Liguria
di Baccio Emanuele Maineri
Tipogr. Franceschini Firenze
1900 pagine 256

   





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