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      L’infanzia del nostro Pietro fu nè più nè meno come tutte le altre; l’adolescenza anche. Figurarsi quanto dispiacerà questo a coloro che ad ogni patto vogliono trovare degli istinti maravigliosi nei primi anni d’un brav’uomo! Io per altro non ci ho colpa, lo giuro.
      Il signor Petronio, diventato padre, continuò lo stesso tenore di vita, e lasciò tutta intiera alla moglie la cura di educare i figli. La signora Vittoria era molto bigotta; credeva che la virtù consistesse nel picchiarsi il petto mattina e sera inginocchiati a’ pie’ d’un altare, e che per farsi obbedire fosse necessario farsi temere. Quanti scapaccioni toccarono al povero Pietro per essere mancato una sera al rosario, o per aver rubata una ciambella, o per essersi permesso un frizzo innocente sul grosso naso tabaccoso di Don Ignazio, o sull’ampia chierica e le olenti frittelle di Don Basilio! Che gioia, che immensa felicità sarebbe stata per lui di giocare coi soldatini di piombo, di fare il soldato egli stesso, di andare in battaglia contro le mosche, e di rompere tutto il giorno le tasche al vicinato con una trombetta di legno! Invece, povero bimbo, un altarino era il solo trastullo che gli fosse concesso dalla materna santocchieria, e faceva quindi, secondo il capriccio, il nonzolo, il canonico, il patriarca, il Papa, ma il nonzolo sopra tutto, perchè siccome alla sera tutta la famiglia si raccoglieva a recitar le orazioni, egli, come proprietario dell’altarino, girava con una calzetta infissa in un bastone a raccoglier l’obolo dei fedeli, il quale poi, senza che la madre il sapesse, andava quasi sempre a finire dall’offelliere o dal fruttivendolo.


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Il principe dei satirici veneziani Pietro Buratti
di Vittorio Malamani
Tipografia dell'Ancora Venezia
1887 pagine 115

   





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