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      Dunque? Miracoli! Il solo consiglio ch’io possa dare al lettore volonteroso di allori poetici è di gittarsi nel vortice della vita galante, come il Buratti: chissà che come lui non trovi il genio e la vena!
      Il fior fiore della società veneziana aveva allora brillanti ridotti, indipendentemente dalle private conversazioni. Organizzato con intenti serî era il Casino dei Cento a Santa Margherita, proprio dov’è oggi il Buon pesce, osteria, o trattoria, o albergo, od hôtel, non so bene, e non voglio offendere l’amor proprio di nessuno affermando cosa che non so. Cento era il numero fissato dei componenti, ma lo passavano sempre, e dava molto da fare alla polizia, perchè appunto colà mettevano capo le fila delle prime cospirazioni patriottiche. Una succursale di questo Casino poteva dirsi il camerone interno del Caffè Florian, conosciuto da tempo immemorabile per il Senato, dove a tarda ora, convenivano i più ricchi e più maldicenti individui della città, quali Orazio Lavezzari, Giovanni Petrettini, Nicoletto Streffi, il conte Priuli, eccetera. Vuotavano il sacco delle osservazioni maligne fatte durante la sera; poi sfioravano la politica; quindi, estratto l’orologio, è tardi, esclamavano - e il lettore potrà credere che andassero a letto. Ohibò! salivano al piano superiore a giocare a bestia, a faraone, a bassetta, o a tresette in giro con una posta fortissima, finchè il campanone di San Marco dava il segnale dei mattutini. Il Senato aveva questo di particolare, che pure appartenendo ad un luogo pubblico, nessuno osava entrarci senza invito formale.


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Il principe dei satirici veneziani Pietro Buratti
di Vittorio Malamani
Tipografia dell'Ancora Venezia
1887 pagine 115

   





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