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      Era giunto in campo San Giovanni in Bragora. Cinquanta soldati, tronfi come Don Chisciotte, gli scaricarono addosso i loro fucili. E rimase un po’ sbalordito, ma poi continuò la strada. I prodi guerrieri, che lo credevano morto e si stavano avvicinando a lui, più che in fretta gli mostrarono la schiena, raccomandandosi all’agilità del loro tallone. E l’animale proseguì. A SantAntonino fece per varcare il ponte, ma riuscendo vano lo sforzo, furibondo si slanciò sul massiccio portone della vicina chiesa, bene assicurato da catenacci di sopra e di sotto; con un colpo di testa lo infranse, ed entrò a passi misurati, come un buon cristiano che vadi a udire la messa. Si puntellò tosto alla meglio la porta maggiore del tempio, si assicurarono le altre, si tenne consiglio sul da fare, e il Commissario di Polizia del Sestiere risolse, malgrado le querimonie del signor Garnier, di uccidere l’inferocita bestia. Le stelle cominciavano già a impallidire nel cielo, quando un uffiziale rompeva al quasi ottuagenario Patriarca Pyrker il dolce sonnellino dell’alba, per chiedergli il permesso di compiere in chiesa questa uccisione. Quindi si fece venire dall’Arsenale una spingarda, e intanto si praticò un foro nella porta maggiore del tempio onde esplorare la posizione dell’inimico. Oh vista! Panche rovesciate, arredi sacri disseminati, candelieri, candele, tutto, tutto disordinato e guasto. La casa di Dio pareva diventata la casa del Diavolo. Quanto all’inimico egli si era sprofondato con le gambe anteriori in una sepoltura, situata sotto l’organo.


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Il principe dei satirici veneziani Pietro Buratti
di Vittorio Malamani
Tipografia dell'Ancora Venezia
1887 pagine 115

   





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