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      .. Fu redarguito:
      «I. Sopra le inconvenienti e scandalosissime espressioni ridondanti, le quali offendevano la morale e il buon costume.
      «II. Sulla notevolissima ottava N. 16, ove con tanta confidenza parlava di S. M. il nostro graziosissimo sovrano, e colpevole potea dichiararsi per la confidenza, e pel significato che i malevoli potevano dare.
      «III. Sulla ottava 30, in cui si dava il regale titolo di Maestà all’elefante.
      «IV. All’ottava 35, in cui epitetava i soldati per Patani,(112) espressione bassissima, che senz’altro si calcola dileggiante, e ridicola, ed offendente la milizia austriaca.
      «V. Il sarcasmo con cui è lavorata l’ottava 36.
      «VI. La derisione senza metafora del Commissario di Polizia di Castello alle ottave 50 e 51.
      «VII. L’inconveniente verso, all’ottava 63, laddove dice: Se peca i puliziotti de lentezza.
      « VIII. L’ingiuriosa espressione al Tolomei di Sgarafon(113) all’ottava 68. Finalmente un ammasso di oscenità, di scherni, di frizzi, d’insulti, d’irreligione, di dileggio, di poco rispetto alle autorità costituite, e di mancanza di riverenza al Monarca.
      «IX. L’ultima ottava 104, ove affastella confusamente bestia, chiesa, naso, escrementi.
      «A tutte queste redarguizioni seppe egli poco o nulla giustificarsi, giacchè la cosa è palmare, le parole sono precise, il senso è chiarissimo.»
      La Direzione Generale di Polizia, chiudendo questo rapporto, chiedeva al Governatore la facoltà di applicare al Buratti, per questa volta, la misura correzionale economica «onde frenare l’impura sua lingua e la sua penna velenosissima, che produsse tanti mali ad oneste famiglie, tante dissenzioni tra coniugi, tante gare di gelosia, e tanta corruttela alla gioventù inesperta.


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Il principe dei satirici veneziani Pietro Buratti
di Vittorio Malamani
Tipografia dell'Ancora Venezia
1887 pagine 115

   





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