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      «Un celibatario» - scriveva - «pol far tuto impunemente, ma co l’omo xe maridà l’incontra dei riguardi, e xe un porco, secondo mi, chi no li rispeta. Se no me credessi me n’avarave a mal assae.» Stimava che l’uomo dovesseSui trenta fama aver de bon piloto,
      Sui quaranta prudente navegar,
      E indrìo sciando sempre de sto troto(117)
      Le vele sui sessanta rancurar.(118)
      Nel 1820 la moglie, che egli chiamava Cenerentola perchè dall’umile ufficio di governante la aveva innalzata al suo talamo, sciolse il grembo doloroso, e gli regalò un quarto bambino, che ricevette il nome di Antonio. Il primogenito si chiamava Petronio; due femmine venivano poi: Cornelia e Vittoria. Si pensi che frastuono in quella casa!
      Chi pianze, chi strepita,
      Chi zioga, chi dà;
      Chi intanto che meditoMe chiama papà.
      E lui li accarrezzava, giocava con essi sotto alla tavola, gioiva della loro gioia, con quel sentimento di tenerezza che non si può dire se non si prova. Gli pareva di essere il sovrano dell’universo; gli pareva che i re della terra dovessero invidiare la sua felicità. Anche a traverso il velame dei versi traspare la contentezza:
      Chi se lagna de sto mondoNo gha in zuca un gran de sal;
      Dio Signor l’ha fato in tondoPer conforto del mortal.
      In sta sferica figuraChe zirando sempre va,
      De la provida Natura
      Xe l’arcano rivelà.
      Poco importa a nu, so fioli,
      El saver se gha razonDe chiamarlo schizzo(119) ai poli
      Qualche cima de omenon:
      El gran gusto che no falaPer ognun che vive in lu
      Xe l’idea che, fato a bala,
      Chi va zo pol tornar su;


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Il principe dei satirici veneziani Pietro Buratti
di Vittorio Malamani
Tipografia dell'Ancora Venezia
1887 pagine 115

   





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