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      Questo fenomeno si è riprodotto più volte nella storia. Ogni volta che, con l’invasione o con qualsiasi impresa militare, la violenza fisica, brutale ha preso il disopra di una società, i vincitori hanno mostrato tendenza a concentrare nelle proprie mani governo e proprietà. Però sempre, la necessità per il governo di conciliarsi la complicità di una classe potente, le esigenze della produzione, l’impossibilità di tutto sorvegliare e tutto dirigere, ristabilirono la proprietà privata, la divisione dei due poteri, e con essa la dipendenza effettiva di chi ha in mano la forza, i governi, da chi ha in mano le sorgenti stesse della forza, i proprietari. Il governante finisce sempre, fatalmente, coll’essere il gendarme del proprietario.
      Ma mai questo fenomeno si era tanto accentuato quanto nei tempi moderni. Lo sviluppo della produzione, l’estendersi immenso dei commerci, la potenza smisurata che ha acquistato il denaro, e tutti i fatti economici provocati dalla scoperta dell’America, dall’invenzione delle macchine, ecc. hanno assicurato tale supremazia alla classe capitalistica, che essa, non contenta più di disporre dell’appoggio del governo, ha voluto che il governo uscisse dal proprio seno. Un governo che traeva la sua origine dal diritto di conquista (diritto divino, dicevano i re ed i loro preti) per quanto sottoposto dalle circostanze alla classe capitalistica, conservava sempre un contegno altero e disprezzante verso i suoi antichi schiavi ora arricchiti, e aveva delle velleità d'indipendenza e di dominazione.


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L'anarchia
di Errico Malatesta
pagine 75

   





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