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      Essa è la meta verso cui cammina l’evoluzione umana; è il principio superiore che risolve tutti gli antagonismi attuali, altrimenti insolubili, e fa sì che la libertà di ciascuno non trovi il limite, ma il complemento, anzi le condizioni necessarie di esistenza, nella libertà degli altri.
      «Nessun individuo», diceva Michele Bakunin, «può riconoscere la sua propria umanità né per conseguenza realizzarla nella sua vita, se non riconoscendola negli altri e cooperando alla sua realizzazione per gli altri. Nessun uomo può emanciparsi altrimenti che emancipando con lui tutti gli uomini che lo circondano. La mia libertà è la libertà di tutti, poiché io non sono realmente libero, libero non solo nell’idea ma nel fatto, se non quando la mia libertà e il mio diritto trovano la loro conferma e la loro sanzione nella libertà e nel diritto di tutti gli uomini miei uguali».
      «M’importa molto ciò che sono tutti gli altri uomini, perché, per quanto indipendente io sembri o mi creda per la mia posizione sociale, fossi pure Papa, Czar, Imperatore o anche primo ministro, io sono incessantemente il prodotto di ciò che sono gli ultimi tra loro: se essi sono ignoranti, miserabili, schiavi, la mia esistenza è determinata dalla loro schiavitù. Io, uomo illuminato od intelligente, per esempio, sono - se è il caso - stupido per la loro stupidaggine; io coraggioso sono schiavo per la loro schiavitù; io ricco tremo dinanzi alla loro miseria; io privilegiato impallidisco innanzi alla loro giustizia. Io che voglio esser libero, non lo posso, perché intorno a me tutti gli uomini non vogliono ancora esser liberi, e non volendolo, divengono contro di me degli strumenti di oppressione».


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L'anarchia
di Errico Malatesta
pagine 75

   





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