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      Ma, supponiamo pure che il governo non costituisse già da sé una classe privilegiata, e potesse vivere senza creare intorno a sé una nuova classe di privilegiati e restando il rappresentante, il servo, se si vuole, di tutta la società. A che servirebbe esso mai? In che cosa ed in che modo aumenterebbe esso la forza, l’intelligenza, lo spirito di solidarietà, la cura del benessere di tutti e dell’umanità futura, che in un dato momento si trovano esistenti in una data società?
      È sempre la vecchia storia dell’uomo legato, che essendo riuscito a vivere malgrado i ceppi, crede di vivere a causa dei ceppi. Noi siamo abituati a vivere sotto di un governo, che accaparra tutte quelle forze, quelle intelligenze, quelle volontà, che può dirigere ai suoi fini; ostacola, paralizza, sopprime quelle che gli sono inutili od ostili, e ci immaginiamo che tutto ciò che si fa nella società si fa per opera del governo, e che senza governo non ci sarebbe più nella società né forza, né intelligenza, né buona volontà. Così (lo abbiamo già detto) il proprietario che s’è impossessato della terra la fa coltivare per il suo profitto particolare, lasciando al lavoratore lo stretto necessario perché esso possa e voglia continuare a lavorare, ed il lavoratore asservito pensa che non potrebbe vivere senza il padrone, come se questi creasse la terra e le forze della natura.
      Che cosa può aggiungere di suo il governo alle forze morali e materiali che esistono in una società? Sarebbe esso per caso come il Dio della Bibbia che crea dal nulla?


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L'anarchia
di Errico Malatesta
pagine 75

   





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