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      E quando per conciliare coi fatti il titolo di associazione di lavoratori si cercava di determinare che cosa fosse un lavoratore, si conchiudeva che, per l’Internazionale, era lavoratore, “chiunque lavorava alla distruzione dell’ordine borghese”, frase che può sembrare un’arguzia, ma che traduceva bene lo stato di fatto.
      Ed invero l’Internazionale era stata introdotta in Italia da borghesi che, per amor di giustizia, avevano disertato la loro classe, ed ancora nel 1872 e dopo, in molti luoghi, la maggioranza, almeno nella parte dirigente e più attiva, non era composta di operai, ma di giovani provenienti dalla media e piccola borghesia.
      Si faceva un po’ di lotta economica, si provocava qualche sciopero, s’incitavano gli operai a domandare e pretendere dai padroni ogni sorta di miglioramenti. Ma ciò si faceva senza entusiasmo, senza darvi grande importanza, poichè si era convinti che i padroni esistevano perchè il governo li proteggeva ed esisterebbero e trionferebbero sempre fino a che durerebbe il governo. “Non si arriva al proprietario, si soleva dire, se non passando sul corpo del gendarme”. Forse sarebbe stata la verità più completa il dire che è “il gendarme”, cioè chi possiede la forza materiale, che s’impadronisce della ricchezza, si fa proprietario, e poi assolda, tra le sue vittime, dei gendarmi per farsi difendere e perpetuare in sè e nei suoi discendenti il privilegio usurpato; ma allora, senza che nessuno di noi avesse letto Marx, si era ancora troppo marxisti. Ma a parte ogni disquisizione teorica sulle origini della proprietà, si era convinti che la prima cosa da fare era rovesciare il governo, e perciò si pensava soprattutto alla insurrezione.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





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