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      L’ostinazione, la brutalità con cui la borghesia risponde ad ogni più anodina domanda del proletariato, dimostrano la fatalità della rivoluzione violenta. Dunque è logico, è necessario che i socialisti e specialmente gli anarchici, siano un partito rivoluzionario e prevedano e affrettino la rivoluzione.
      Ma disgraziatamente c’è negli uomini una tendenza a scambiare il mezzo col fine; e la violenza, che per noi è e deve restare una dura necessità, è diventata per molti quasi lo scopo unico della lotta. La storia è piena di esempi di uomini che, avendo cominciato a lottare per uno scopo elevato, hanno poi nel calore della mischia smarrito ogni controllo sopra loro stessi, han perduto di vista lo scopo e son diventati dei feroci massacratori. E, come lo dimostrano fatti recenti, molti anarchici non sono sfuggiti a questo terribile pericolo della lotta violenta. Irritati dalle persecuzioni, ammattiti dagli esempi di cieca ferocia che dà ogni giorno la borghesia, essi han cominciato ad imitare l’esempio dei borghesi; ed allo spirito d’amore è subentrato lo spirito di vendetta, lo spirito di odio. E l’odio e la vendetta essi, al par dei borghesi, han chiamato giustizia. Poi, per giustificare quegli atti, che pur potevano spiegarsi come effetti delle orribili condizioni del proletariato e servire come una ragione di più per invocare la distruzione di un ordine di cose che produce così tristi risultati, alcuni han cominciato a formulare le più strane, le più fanatiche, le più autoritarie teorie; e non badando alla contraddizione, le han presentate come un nuovissimo progresso dell’idea anarchica . . .


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338