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      E se noi vogliamo farla bisogna che attirammo a noi la folla, quanto più folla è possibile.
      Ed è anche, questa tattica dell’isolamento, contraria ai nostri principi ed allo scopo che ci proponiamo.
      La rivoluzione, come noi la vogliamo, deve essere il cominciamento della partecipazione attiva, diretta, vera delle masse, cioè di tutti, alla organizzazione ed alla gerenza della vita sociale. Se per impossibile, la rivoluzione potesse essere fatta da noi soli, non sarebbe la rivoluzione anarchica poichè allora saremmo i padroni noi ed il popolo, disorganizzato e quindi impotente ed incosciente, spetterebbe gli ordini nostri, Ed allora tutta l’anarchia si ridurrebbe ad una vana dichiarazione di principi mentre in pratica sarebbe sempre una piccola frazione che si servirebbe delle forze cieche della massa incosciente e sommessa per imporre le proprie idee: - e questo è l’essenza stessa dell’autorità.
      Figuriamoci che domani con un colpo di mano potessimo, da noi soli, senza il concorso delle masse, sconfiggere il governo e restare padroni della situazione. Le masse che non avrebbero preso parte alla lotta e non avrebbero sperimentata la potenza delle loro forze, applaudirebbero ai vincitori e resterebbero inerti ad attendere che noi dessimo loro tutto il benessere che loro promettiamo.
      Che cosa faremmo noi? O assumere di fatto se non di diritto, la dittatura, il che vorrebbe dire riconoscere l’inattuabilità delle nostre idee antigovernative e dichiararsi sconfitti in quanto anarchici o fare “per viltade il gran rifiuto”; ritirarci protestando il nostro sacro orrore del nostro comando, e lasciare che il comando lo prendano i nostri avversari.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338