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      Di più, facendosi il movimento senza il nostro concorso, noi non avremmo nessuna influenza sugli avvenimenti ulteriori, non potremmo cavar nulla dalle occasioni che si presentano sempre nel periodo di transizione tra un regime ed un altro, saremmo discreditati come partito di azione e non potremmo per lunghi anni fare alcuna cosa d’importanza.
      Non è il caso di lasciare che i borghesi si battano tra di loro, perchè in un movimento insurrezionale la forza, per lo meno materiale, è sempre il popolo che la dà, e se noi non siamo nel movimento dividendo coi combattenti i pericoli ed i successi e cercando di trasformare il moto politico in rivoluzione sociale, esso popolo non servirà che di strumento in mano agli ambiziosi che aspirano a dominarlo.
      Invece, pigliando parte all’insurrezione (insurrezione che non avremmo la forza di far da noi soli) e pigliandovi la parte più grande possibile noi avremmo la simpatia del popolo insorto, e potremmo spingere le cose più avanti che si può.
      Noi sappiamo benissimo, e non cessiamo mai di dirlo e di dimostrarlo, che repubblica e monarchia si equivalgono e che tutti i governi hanno un’eguale tendenza ad allargare il loro potere e ad opprimere sempre più i governati. Ma sappiamo pure che più un governo è debole, che più è forte la resistenza ch’esso incontra nel popolo, e più grande la libertà più è grande la possibilità di progredire. Contribuendo in modo efficace alla caduta della monarchia noi potremmo opporci con più o meno efficacia alla costituzione o alla consolidazione di una repubblica, potremmo restare armati e negare ubbidienza al nuovo governo come potremmo qua e là fare dei tentativi di espropriazione e di organizzazione anarchica e comunista della società. Noi potremmo impedire che la rivoluzione si arresti al suo primo passo e che le energie popolari, svegliate dall’insurrezione, si addormentino di nuovo.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338