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      Il socialismo! Che cosa fu!?… a che cos’è ridotto!?…
      Uscito fuori dalle speculazioni dei filosofi, dai sogni degli utopisti, dalle rivolte delle plebi, il socialismo si annunziò al mondo come la buona novella dell’evo moderno. Esso era una promessa di civiltà superiore; era la ribellione contro ogni prepotenza, contro ogni ingiustizia; era l’abolizione dell’odio, della concorrenza, della guerra; il trionfo dell’amore, della cooperazione, della pace; era l’avvenimento del benessere e della libertà per tutti; la realizzazione nel futuro di quell’eden che la fantasia dei popoli e dei poeti, assetati d’ideale e ignari di storia, aveva messo all’origine dell’umanità.
      Esso era la lotta umana per eccellenza; ed elevandosi al disopra delle razze e delle patrie, al disopra delle religioni e delle scuole filosofiche, al disopra delle classi e delle caste esso abbracciava tutti gli uomini e tutte le donne in un santo ideale di uguaglianza e di solidarietà.
      Esso non domandava la sostituzione di un partito ad un altro o di una classe ad un’altra, non l’avvento al potere ed alla ricchezza di un nuovo stato sociale (quarto stato), ma l’abolizione delle classi, la solidarizzazione di tutti gli esseri umani nel lavoro e nel godimento comune.
      Ed i socialisti erano apostoli, confessori e martiri; essi sentivano che portavano in sè stessi un mondo, avevano la coscienza della loro sublime missione, e questa coscienza li faceva fieri, coraggiosi e buoni.
      Ignoranti o dotti, giovani ingenui o vecchi avanzi di altre battaglie; parte eletta del proletariato o figli di borghesi ribelli alla classe in cui eran nati, che i loro privilegi di nascita consideravano come un debito che imponeva loro maggiori doveri verso la causa dei diseredati, essi avevano fede nel bene ed in loro stessi, amavano il popolo, erano assetati di scienza e di lotte, e baldi e fiduciosi affrontavano le beffe e le calunnie, le piccole e le grandi persecuzioni, il carcere, l’esilio, la miseria, il patibolo; e andavano avanti.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338