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      Noi anarchici non possiamo identificarci con quelle come con nessun’altra organizzazione operaia, ma dobbiamo preferirle alle altre come il campo più adatto per estendere la nostra influenza, incoraggiarle, parteciparvi in tutti i modi non contraddittori con le idee nostre, senza per questo inibirci l’entrata in qualsiasi altra organizzazione dove crediamo poter fare opera utile di propaganda, di critica e di sprone. È quello che più o meno bene si è fatto finora; ora è tempo, io credo, di concordare un piano più organico per poter agire con maggiore efficacia sul movimento e meglio utilizzarlo ai nostri fini.
      Le organizzazioni operaie vivono in tali condizioni, subiscono necessità tali che la posizione degli anarchici che vi lavorano dentro diventa difficile, e certe volte incompatibile sempre che dalla predicazione teorica, dalla propaganda avveniristica bisogna passare alle misure pratiche richieste dalla lotta effettiva.
      Fatte per difendere gli interessi attuali, immediati degli operai in regime di proprietà privata e di salariato, proponendosi di riunire il più gran numero possibile di lavoratori senza badare alle differenze di opinioni religiose e politiche o alla mancanza di una qualsiasi opinione determinata, dovendo attenuare gli effetti senza poter distruggere le cause della soggezione dei lavoratori, anche quando nel programma hanno scritto l’abolizione del salariato e l’emancipazione integrale, debbono nella pratica quotidiana accettare il fatto del dominio e del profitto capitalistico e limitarsi e rendere, mediante una continua resistenza, meno assoluto quel dominio ed assicurare al produttore una meno scarsa parte del prodotto.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338