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      Nè credo che vi sia qualcuno che vorrebbe veder ridotto il vasto movimento operaio, che travaglia il mondo, alla sola esistenza di sparuti gruppi rivoluzionari, che sarebbero impotenti a fare qualsiasi cosa importante se non potessero appoggiarsi a quella parte della massa che nelle associazioni ha acquistato una coscienza di classe. Se m’inganno, allora lo dicano, e discuteremo.
      Ed in quanto all’organizzazione o alle organizzazioni nel senso del partito, vi è forse chi vorrebbe che gli anarchici restassero isolati gli uni dagli altri?
      Certamente che no. Ed infatti meno qualche raro pensatore (possibile più che reale) il quale può isolarsi materialmente dai suoi contemporanei e cercare la necessaria cooperazione intellettuale dei suoi simili nella parola stampata, non v’è nessuno che possa fare le minima cosa senza associarsi, unirsi con altri. Anche i fatti più caratteristicamente individuali domandano l’intesa intima di parecchi! Non chiede tutta un’organizzazione la pubblicazione di un giornale? o una qualsiasi opera di propaganda e d’educazione alquanto importante? o la preparazione di una azione risolutiva?
      Non potendo dir altro, gli avversari del “partito” si scagliano contro l’organizzazione “permanente”, senza pensare che un’organizzazione è fatta per durare fino a che dura la ragione per la quale è stata fatta; e che come vi sono dei fatti speciali da compiere in breve che richiedono un’intesa temporanea, così ve ne sono degli altri come quello della lotta per l’anarchia, che domandano un’intesa permanente, la quale cambia gradualmente nei suoi componenti, che poco a poco muoiono, o restano vittime, o si stancano e sono sostituiti dai giovani sopravvenuti, ma non ha nessuna ragione per prescrivere volontariamente un limite di tempo alla sua esistenza.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338