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      Qui noi ci proponiamo di fare semplicemente opera di chiarificazione delle idee e di preparazione morale in vista di un avvenire, prossimo o lontano, perchè non ci è possibile far altro. E del resto, quando credessimo giunto il momento di una più fattiva azione… ne parleremmo anche meno.
      Mi occuperò dunque solo, e ipoteticamente, dell’indomani di una insurrezione trionfante e dei metodi di violenza che alcuni vorrebbero adoperare per “fare giustizia” ed altri credono necessari per difendere la Rivoluzione contro le insidie dei nemici.
      Mettiamo da parte “la giustizia”, concetto che è servito sempre di pretesto a tutte le oppressioni, a tutte le ingiustizie e che spesso non significa altro che vendetta. L’odio ed il desiderio di vendetta sono sentimenti irrefrenabili che l’oppressione naturalmente risveglia ed alimenta; ma se essi possono rappresentare una forza utile a scuotere il giogo, sono poi una forza negativa quando si tratta di sostituire all’oppressione non un’oppressione novella, ma la libertà e la fratellanza fra gli uomini. E perciò noi dobbiamo sforzarci di suscitare quei sentimenti superiori che attingono l’energia nel fervido amore del bene, pur guardandoci dallo spezzare l’impeto, fatto di fattori buoni e cattivi, necessario a vincere. Lasciamo che la massa agisca come la passione la spinge, se per meglio indirizzarla occorresse metterle un freno che si tradurrebbe in una nuova tirannia – ma ricordiamoci sempre che noi anarchici non possiamo essere nè dei vendicatori, nè dei “giustizieri”. Noi vogliamo essere dei liberatori e dobbiamo agire come tali per mezzo della predicazione e dell’esempio.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





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