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      Discutendo di queste materie fu sollevata a Bienne la questione del danaro, questione grave quanto altre mai.
      D’abitudine nel campo nostro si risolve semplicisticamente la questione dicendo che il danaro si deve abolire. E sta bene, se si tratta di una società anarchica, o di una ipotetica rivoluzione da fare di qui a cento anni, sempre nell’ipotesi che le masse possano diventare anarchiche e comuniste prima che una rivoluzione abbia cambiate radicalmente le condizioni in cui vivono.
      Ma oggi la questione è ben altrimenti complicata.
      Il danaro è mezzo potente di sfruttamento e di oppressione; ma è anche il solo mezzo (fuori della più tirannica dittatura, o del più idillico accordo) escogitato finora dall’intelligenza umana per regolare automaticamente la produzione e la distribuzione.
      Per ora, forse più che preoccuparsi dell’abolizione del denaro, bisognerebbe cercare un modo perchè il denaro rappresenti davvero lo sforzo utile fatto da chi lo possiede.
      Ma veniamo alla pratica immediata, che è la questione che veramente si discuteva a Bienne.
      Figuriamoci che domani avvenga una insurrezione vittoriosa. Anarchia o non anarchia, bisogna che la popolazione continui a mangiare ed a soddisfare a tutti i bisogni primordiali. Bisogna che le grandi città siano approvvigionate più o meno come d’abitudine.
      Se i contadini e i carrettieri, ecc., si rifiutano di fornire i generi che sono nelle loro mani ed i loro servizi gratuitamente, senza riceverne il danaro che essi sono abituati a considerare ricchezza reale, che cosa si fa?


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





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