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      Data questa idea, è chiaro che ci doveva sembrare che l’anarchia stesse per sorgere subito, spontaneamente, per la volontà e la capacità di tutta la popolazione, o almeno della parte cosciente e attiva della popolazione, appena fosse liberata dalla forza bruta che la teneva soggetta.
      Ma coll’andar del tempo lo studio e più la dura esperienza ci mostrarono che molte delle nostre convinzioni erano effetto del nostro desiderio e delle nostre speranze e non corrispondevano ai fatti reali...
      Stando così le cose, che cosa bisognava fare? Abbandonare la lotta, diventare scettici ed indifferenti, o rinunziare all’anarchia ed aderire ad un partito autoritario?
      Alcuni lo fecero; ma i più tra noi, quelli che avevano nell’animo “il fuoco sacro” furono compresi più che mai della nobiltà e della grandezza della missione che gli anarchici si erano data. Essi restarono convinti che l’aspirazione alla libertà integrale (quello che potrebbe chiamarsi lo spirito anarchico) è stata sempre la causa di ogni progresso individuale e sociale, e che invece tutti i privilegi politici ed economici (che sono poi i diversi aspetti di una stessa oppressione) se non trovano nell’anarchismo più o meno cosciente un ostacolo sufficiente, tendono a respingere indietro l’umanità verso la più fosca barbarie. Essi compresero che l’anarchia non poteva venire che gradualmente, a misura che la massa arriva a concepirla e desiderarla; ma che non verrebbe mai se mancasse la spinta di una minoranza più o meno coscientemente anarchica, che agisce in modo da preparare l’ambiente necessario.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338