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      Restare anarchici, agire da anarchici in tutte le possibili circostanze restava il dovere da noi liberamente scelto ed accettato.
      Ho detto più sopra che, secondo me, i cosiddetti revisionisti, ancora sotto l’influenza dei pregiudizi dell’anarchismo primitivo, s’illudono di poter fare il comunismo e l’anarchia d’un colpo solo; ma siccome comprendono anch’essi che la massa è ancora impreparata, cadono nell’assurdo di volerla preparare coi metodi autoritari. Lo dicono poco chiaramente, credo anzi che essi stessi non se ne rendano conto esatto, ma il fatto mi sembra questo: essi vorrebbero fare il comunismo rimandando la libertà a più tardi, e vorrebbero educare il popolo alla libertà per mezzo della tirannia.
      A me pare, e credo che questa sia oramai l’opinione di quasi tutti gli anarchici, che la rivoluzione non può cominciare col comunismo, o sarebbe, come la Russia, un comunismo da convento, da caserma e da galera, peggiore dello stesso capitalismo. Essa deve attuare subito quello che si può, ma non più di quello che si può; basterebbe per cominciare attaccare con tutti i mezzi possibili l’autorità politica ed il privilegio economico, disciogliere l’esercito e tutti i corpi di polizia, armare tutta quanta la popolazione, requisire a vantaggio di tutti le sostanze alimentari e provvedere alla continuità dell’approvvigionamento e spingere le masse, soprattutto spingere le masse ad agire senza aspettare ordini dall’alto. E badare a non distruggere se non quello che si può sostituire con qualche cosa di migliore.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338

   





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