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      Che cosa dovremo fare?
      Disinteressarsi del movimento sarebbe un suicidio morale per ora e per sempre, poichè senza l’opera nostra, senza l’opera di quelli che vogliono spingere la rivoluzione fino alla trasformazione totale di tutti gli ordinamenti sociali, fino all’abolizione di tutti i privilegi di tutte le autorità, la rivoluzione finirebbe senza aver nulla trasformato d’essenziale, e noi ci troveremmo nelle stesse condizioni d’ora. In un’altra futura rivoluzione saremmo sempre piccola minoranza e dovremmo ancora disinteressarci del movimento, e cioè rinunziare alla ragione stessa della nostra esistenza che è quella di combattere sempre per la diminuzione (fino a che non si potrà conseguire l’abolizione completa) dell’autorità e del privilegio – almeno per noi che crediamo che la propaganda, l’educazione non possa, in ogni dato ambiente sociale, che raggiungere un numero limitato d’individui, e che occorre cambiare le condizioni ambientali prima che sia possibile l’elevazione morale di un nuovo strato d’individui.
      Che fare dunque?
      Provocare, se ci è possibile, noi stessi il movimento, parteciparvi in ogni modo con tutte le nostre forze, imprimervi il carattere più libertario e più egualitario che per noi si potrà, appoggiare tutte le forze di progresso, difendere il meglio quando non si può raggiungere l’ottimo; ma conservare sempre ben distinto il nostro carattere di anarchici che non vogliono il potere, e mal sopportano che altri lo prenda.
      V’è tra gli anarchici – noi diremmo tra sedicenti anarchici – chi pensa che, non essendo le masse capaci ora di organizzarsi anarchicamente e di difendere la rivoluzione con metodi anarchici, dovremmo noi stessi impossessarci del potere ed “imporre l’anarchia con la forza”. (La frase, come sanno i nostri lettori, è stata pronunziata letteralmente, in tutta la sua crudezza).


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338