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      E se questa volontà non c'è, se questa coscienza della necessità nella minoranza non c'è, se anzi la minoranza è convinta di fare il suo dovere resistendo? Evidentemente la maggioranza, non volendo subire la volontà della minoranza, farà la legge, darà alla propria deliberazione (come dice MALATESTA a proposito dei Congressi) un valore esecutivo.
      MALATESTA dice anzi di più: e, a proposito di chi trova il posto preferito al caffè occupato, o di chi deve allontanarsi da un colloquio confidenziale dice: «Se io facessi altrimenti, quelli che io incomoderei mi farebbero sentire, in un modo o in un altro il danno che vi è ad essere uno zotico». Ed ecco una coazione. E si tratta, negli esempi addotti, di rapporti individuali e di questioni di pochissimo rilievo. Figuriamoci se si trattasse di una grave questione di pubblico interesse, come quelle a cui ho accennato io più sopra!
      Sta bene che la coazione debba essere minima, e possibilmente più morale che fisica, e che si debbano rispettare i diritti delle minoranze, ed ammettere in taluni casi perfino la secessione della minoranza dissidente. Ma insomma è questione di più e di meno, di modalità e non di principii.
      Nei casi, in cui ciò sia utile e necessario, dico io, non è contrario ai principi anarchici nè addivenire ad una votazione, nè provvedere all'esecuzione delle deliberazioni prese: e quando queste cose non si possono fare (per ragion di numero o di capacità) dagli interessati direttamente, non è contrario ai principi anarchici che, prese le debite precauzioni contro i possibili abusi, si deleghino ad altri.


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Anarchismo e democrazia
Soluzione anarchica e soluzione democratica del problema della libertà in una società socialista
di Errico Malatesta - Francesco Saverio Merlino
pagine 122

   





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