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      E poco mancò che come i nostri «pratici» condussero Radetzky a Milano, i pratici Ungheresi conducessero Jellochich a Buda. Ma gli Ungheresi si scossero in tempo: traditi dal principe, sollevarono la bandiera del Popolo. E poco dopo l'agonia dell'impero suonava nella stessa Vienna.
      La santità del principio proclamato nella patria agiva in Milano sull'armata Ungherese, che salutava la risurrezione dell'Ungheria colle grida di «Viva l'Italia
      I due principii che dividono l'Europa, la democrazia e la monarchia, la libertà e la tirannide, le tenebre e la luce, il passato e l'avvenire, si combattono nella stessa tenda di Radetzky, ed egli al domani d'una vittoria, comprata Dio sa come, si sente sfuggir la forza per contenere il lombardo-veneto, come nel dí della sconfitta. Tanto è superiore alle vicende della fortuna, alla stoltezza e tristizie degli uomini la legge che trascina i popoli verso la loro méta!
      Ora posta una nuova insurrezione quale è la posizione della Lombardia? Qualunque sia l'opinione delle diverse frazioni dell'emigrazione lombarda e dei piú fra gli italiani, pare che un terreno comune sia aperto alla comune attività.
      «Guerra all'Austria e sovranità del paese, alla sovranità del quale importa che nessun fatto, nessun potere anteriore alla caduta di Milano possa invocarsi come precedente, come anello di tradizione governativa, come sorgente d'azione legale. Consulta e fusione non esistono piú per noi. Il paese è oggi nella posizione in cui era prima del marzo: schiavo dell'Austria.


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Pagine politiche
di Goffredo Mameli
pagine 67

   





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