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      Noi lo conosciamo già, ma giova che tutti lo conoscano.
      Che quanti amano la libertà sentano la santità della loro bandiera, che non rispondano ad una guerra miserabile con una guerra miserabile; ma procedano colla fronte alta, con l'occhio volto alla méta nella loro via, finché Dio li chiami ad iniziar migliori fati all'Italia. E non crediamo che il dí sia lontano.
     
      FRATELLI, CARICATE I VOSTRI FUCILI!(7)
     
      Alla Camera di Torino si è discusso se si deve, o no, far la guerra. Noi proponiamo un'altra questione: che cosa si dovrebbe fare se la guerra incominciasse senza aspettar la decisione: se la Lombardia balzasse dal suo letto di dolore come chi ha bevuto lungamente al calice della schiavitú, e ne torce ad un tratto le labbra gridando come il Cristo: «Signore, fa ch'io nol beva».
      E gli increduli sorridono a queste parole come alla vigilia delle giornate di marzo, perché sta scritto che gli uomini i quali non credono perché non han fede nel cuore, non abbiano occhi per vedere l'avvenire — non veggano se non il passato. Questo è veramente triste a pensare che il dí della seconda prova trovi gli Italiani non preparati come il dí della prima! Ci ricorda di aver visti varie migliaia di genovesi correre in Lombardia il 20 marzo e giunti al Gravellone rimanervi senza capi, senza ordine, senza saper che farsi cinque giorni, mentre i Milanesi fugavano con «poche centinaia di fucili» (questa non è figura rettorica) l'armata che col nostro soccorso poteva essere distrutta, e che pochi mesi dopo ci incalzava vittoriosa — che serve mentire la nostra vergogna?


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Pagine politiche
di Goffredo Mameli
pagine 67

   





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