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      Molti sono in nostra mano gli elementi di vittoria. L'emigrazione già a quest'ora è discesa, ivi immenso è il desiderio di vendetta, Toscana non è piú oppressa dal giogo d'un Morfeo, Toscana è in mano del popolo, e ivi è Garibaldi, che non volle qui rimanere inoperoso o farsi strumento di tirannia. Oh! La Lombardia si levi tutta quanta, raccolta nel giuramento di vincere o di morire come un sol uomo, e la vittoria non sarà dubbia.
      La patria nostra ha molto sofferto, fu a mal punto, e noi quasi per un istante abbiamo disperato; ma il momento della speranza è venuto, e noi lo salutiamo con gioia. Ogni speranza sta in noi, in noi soli: nessuna in un governo che dopo un intervento, come ei diceva, disinteressato, non vide che la fusione, che firmò un infame armistizio, lasciò passare il tempo inoperoso, ascolta indifferente i gemiti delle vittime scannate in Lombardia per avergli creduto, nega un pane ai fatti esuli per lui, conosce le vittorie ungaresi, lo sfasciamento dell'impero austriaco, vede il momento propizio e non si muove, anzi volge tutti i suoi sforzi, usa di tutte le sue arti a farci torcere lo sguardo dalla causa lombarda, a dividerci, a far che si sparga il sangue cittadino. No, niuna speranza in lui.
      Ma che ci deve importare di lui? Noi guardiamo la cosa un po' piú d'alto. Che sono questi bassi raggiri? Potranno essi arrestarci dal volgere lo sguardo là ove veramente si devono decidere le sorti nostre? Potrà la causa della nostra indipendenza andar perduta? No, questa non è piú affidata alle armi regie, questa ora è in mano del popolo.


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Pagine politiche
di Goffredo Mameli
pagine 67

   





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