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      Un cambiamento essenziale è nell'atto quarto, dove per mano del finto frate, che si scopre per Paolo da Novi, Gastone è ucciso alla vista degli spettatori. E questo, lo confesso, mi piace meno. La morte di Gastone si poteva imaginare, bastando a ciò, come nel primo abbozzo, lo scoprirsi del frate, e il deporre sulla tavola le armi, segni e strumenti della imminente vendetta; gran quadro, da cui, calando la tela, veniva allo spettatore uno sgomento indicibile, che la medesima sospensione degli animi avrebbe reso più grave, ed artisticamente piú accetto. Una allusione all'accaduto, sebbene non necessaria, si sarebbe anche potuta introdurre nella scena dell'atto quinto tra Paolo e Teresa. E di ciò, come d'altri difetti del secondo abbozzo, era certamente persuaso il poeta, che la nuova fatica lasciò pure interrotta.
      A questa composizione drammatica s'era accinto il Mameli colla solita foga, senza preparazione storica, forse considerando il suo protagonista per mezzo alla teorica del Goethe, al cui bisogno, in materia teatrale, bastavano i nomi storici dei personaggi, come figure autentiche del passato, nelle quali potesse spirar liberamente la vita del proprio pensiero. Nel primo abbozzo, neanche i nomi dei due tribuni traditori sono del tempo; per far presto, e rimettendo ad altra occasione la cura di trovarne due che fossero piú adatti, prese i nomi di Pansa e Verrina, due congiurati di quarant'anni dopo, e della congiura del Fiesco. Bene li avrebbe mutati poi; ed infatti, nel secondo abbozzo, ma solamente al quint'atto, Pansa ha preso il nome di Corso.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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