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      La sera dell'8 settembre sul sasso di Portoria, piú che evviva alle riforme aspettate, piú che evviva a Pio IX, si gridò evviva a Balilla e morte ai Gesuiti, che si sapevano dissuasori di liberali ordinamenti e di guerra all'Austria, nei consigli del Re. Venuto questi a Genova giusta il costume suo di tutti gli anni, è nota la dimostrazione che gli si fece il 4 novembre (a farlo a posta, il suo giorno onomastico) cantandogli bensí l'inno recente del Bertoldi, ma facendo Nino Bixio assai piú, coll'afferrargli le briglie del cavallo, e gridargli animoso: "Sire, passate il Ticino, e saremo tutti con Voi". Non piacque l'atto al re, che impallidí e stette muto; ma piú impallidí, giunto per via San Lorenzo alla svolta di Sant'Ambrogio, dove il grido "morte ai Gesuiti" proruppe da tante migliaia di petti, quante poteva capirne la piazza Nuova di palazzo Ducale. In questa forma il popolo Genovese gli aveva detto intiero l'animo suo.
      Indi a poco, sul cominciare del '48, scoppiava la rivoluzione a Palermo, cosí largamente vittoriosa, che ne venne politicamente separata la Sicilia dal reame di Napoli. Ed anche sobbollivano in Lombardia gli umori di rivolta contro la dominazione straniera, destinati a prorompere ben presto in gagliarda disfida. Nel Piemonte gli animi stavano trepidanti, guardando gli atti contradittorii del governo, il quale, dopo avere accennato a propositi bellicosi, nicchiava, indugiava, e coi suoi temporeggiamenti induceva sospetto di pentimenti intempestivi. La naturale irresolutezza di Carlo Alberto teneva a Torino i cuori sospesi: a Genova tutti i piú ardenti cittadini, e giovani e maturi, sentivano il bisogno di spingere, volente o nolente, l'azione del Governo, alla costituzione, prima, alla guerra, poi: ma il prima e il poi dovevano essere poco meno che súbito: già troppo si era tentennato, oramai.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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