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      Ah, finalmente, ci si era venuti; e bisognava partire. Il 18, che fu la prima di quelle Giornate Milanesi, partiva Nino Bixio da Genova, avviato coll'amico Francesco Daneri al Gravellone, che era il punto piú prossimo del confine Lombardo, e buon luogo a far gente. L'ardentissimo Bixio non aveva potuto stare alle mosse. Ci doveva stare il Mameli, che aveva, come suol dirsi, cura d'anime, essendo da lui stato indetto pel 19 un comizio. Tanta gioventú pendeva dal suo cenno, ch'egli, suo capo riconosciuto, non poteva lasciarla senza consiglio, senza indirizzo, in balía di sé stessa.
      Il comizio si tenne al teatro Diurno dell'Acquasola, oggi rifatto e tramutato in Politeama Genovese. Fu quello un comizio, di cui non si era mai visto il compagno. L'arena è stipata di gente, che aspetta l'ufficio di presidenza, e il fuoco di fila dei discorsi. Goffredo Mameli è salito sul palcoscenico; si avanza a mezzo il proscenio, ed apre, diciamo cosí, la tornata. - "Cittadini!" incomincia. "A Milano si muore: io e parecchi amici partiamo stanotte, per passar domani il confine: chi vuol essere con noi faccia lo stesso". Ed ha finito; il comizio è stato aperto e chiuso cosí; tra gli applausi, s'intende. Lí, senza indugio, un centinaio di volenterosi, studenti, dottori, possidenti, mercanti, si sono ascritti alla compagnia che condurrà Goffredo Mameli. Quel giorno, si capisce, non bastò l'usato servizio delle "diligenze" a portare tanta gioventú sulla strada dei Giovi; bisognò quadruplicarlo, ed anche noleggiare altri legni, d'ogni capacità e d'ogni forma.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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