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      E pochi dí passarono,
      Che questa gente insortaAveva il braccio languido,
      Avea la faccia smorta:
      I suoi guerrieri maceriPer preparata fame,
      Cinti d'orrende trame,
      Dell'empio fato inconsciiVedeansi il brando infranto
      E il tradimento accanto:
      Sentiansi indietro spingere,
      E non sapean perché!...
      Dio li difenda e il popolo,
      Son nelle mani ai re.
     
      Poi vidi un' orda stringereD'una città le mura:
      Quella città pareamiNel suo valor secura:
      Rinvigorir pareanoI maceri soldati,
      Ed a pugnar parati:
      Da vecchi, e donne, e pargoli,
      Vedea dovunque alzateSelve di barricate,
      Con quell'altier tripudioDi chi confida in sé.
      Dio li difenda e il Popolo,
      Ma sono in mano ai re.
     
     
      Poi vidi cose orribiliErano tronche voci,
      Occhi stravolti, livideFacce, bestemmie atroci.
      Esule tutto un popolo,
      Questo supremo addioLasciava al suol natio,
      Perchè al domani l'Aquila
      Fu sventolar vedutaSopra Milan venduta:
      Maledizione all'idoloEd a chi in lui credé!
      Dio li difenda e il Popolo,
      Li hanno venduti i re.
     
      Ma fra le rive adriacheVive una gran Mendica;
      Vive tra i fiotti e l'alighe,
      Perch'è del mar l'amica.
      Adorò anch'essa l'idolo,
      Ma con amor di sposaChe maritâr ritrosa;
      Rimandò i falsi apostoliIl dí del vil mercato;
      E ha pe' suoi mar giuratoEntro i suoi mar sommergere
      Quei che l'avevan data,
      Quei che l'avean comprata.
      Salve, fatal Venezia,
      E sia il Signor con te.
      A Dio sia gloria e al Popolo,
      Ella è sfuggita ai re.
     
      Date a Venezia un obolo!
      Non ha la gran Mendica
      Che fiotti, ardire ed alighe,
      Perch'è del mar l'amica.
      Sola, tra tante infamie,
      Ella è la nostra gloria:
      Un'altra turpe istoria,


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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