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      Dàgli il suo foglio, e digli che si tengaLe sue promesse, e che se ogni altro ch'egli,
      A cui mi lega una comun speranza,
      Fatta m'avesse tal parola, toltaL'avrei siccome grave ingiuria; e soglio
      Vendicarle, le ingiurie. A ciò ti scelsi,
      Perché, straniero, puoi veder le coseCon occhio piú tranquillo.
      (gli dà varii fogli, ed uno separato)
      Gliel rimando.
      GASTONE.
      Il popolo ti attende.
      PAOLO.
      Mi accompagna;
      Ti parlerò tra via.
      GASTONE.
      Vengo.
      PAOLO.
      Teresa,
      Addio! tu intanto per la patria pregaIn questi istanti perigliosi. E quando
      Non esaudí l'Eterno la preghieraDegli Angioli?
      TERESA.
      (fra sé) Quando essi erano cadutiGià nella colpa.
      (Paolo parte: Gastone resta un momento indietro)
      GASTONE.
      O mia diletta, addio;
      Amami, intanto; io tornerò tra breve. (parte)SCENA V.
     
      TERESA sola.
     
      TERESA.
      Oh, Paolo è grande; Paolo è grande tanto,
      Che non lo arriva il mio concetto. Ed ioIo lo tradisco. E cosa infame, il veggo,
      Nell'anima lo sento... Ma che valeIl baratro veder, in cui sprofondi,
      Se vi sei spinta? Oh Dio! io m'abbandonoAlla corrente che mi porta. Un giorno
      Conto men chiederai, qual d'una colpa:
      Ma che colpa n'ebbi io, se la correnteFu piú forte di me?SCENA V I
     
      TERESA, che sarà rimasta immobile alla finestra, colla testa appoggiata alla mano; VERRINA e PANSA, che entrano, come continuando un discorso.
     
      VERRINA.
      Fu una menzogna.
      PANSA.
      E forse è vero; forse anch'io fui trattoNell'inganno. Ma pria.... ponderar giova.
      VERRINA.
      Che ponderar! Se ieri aver diceaQuesto sognato patto, e pria di notte
      Mostrarlo! Or dianzi io lo trovava; a lungo


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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