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      Ora di morte!
      (gli pianta lo stile in seno)
      Oh, quanto è vil costui!
      Sentiva schifo di toccarlo pure,
      Per porgli in core il mio pugnal. VorreiArdermi, come Scevola, la mano
      Che qual la mano d'un fratello strinseLa mano d'un Francese. Ma la è sacra
      Alla mia patria; e non indarno, spero.
      (si traveste di nuovo)ATTO V.
     
      Carcere, con vari atrï. In uno di questi sarà Pansa,
      presso il cadavere di Verrina.
     
      SCENA I.
     
      PANSA.
     
      PANSA.
      (togliendo il pugnale dal cadavere dì Verrina)
      Non io sul palco salirò. Gli è il vileChe trepidante sovrastar si vede
      Una morte nefanda, e non ha coreDi prevenirla d'un istante. Un vile
      Io non lo sono, no. Questa parolaChe da tanto nell'anima mi echeggia
      Come il ricordo d'un delitto, miaNon è... Tra poco lo vedrem. Da forte,
      Pur io sapró morir... Da forte? io?
      E perché no? Per la mia patria, il sangueSparger volea, ma non per un tiranno.
      Ma... sparger nol volea, per un tiranno,
      O non per Paolo?... E che ciò importa? PaoloEra un tiranno... o lo credeva io tale.
      Ma... lo credea davver? o lo voleaCercar di creder, per non confessarmi
      Ch'io tradía un generoso? E non sentivaUna voce nel cor, che mi dicea:
      No, non è vero; né tu stesso il credi;
      Altro è il pensiero che ti muove, e il sai?....
      O Teresa, Teresa! in quell'istanteChe tu per Paolo mi sprezzasti... allora
      Tu non sapevi di condurmi a tale,
      Che saría giunto il dí... ch'io non avreiArdito in seno immergermi il pugnale,
      Che avea sentito i battiti supremiDel cor d'un generoso. Col mio sangue,
      Ah no, non debbo profanarlo; io debbo...
      Debbo morir sul palco, come.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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