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      Che, come i raggi suoi, s'agita ardente,
      Quando incolpato ancor palpita, il core.
      Ebben, se un uomo susurrato avesseTali parole alle tue orecchie: "questi
      Che t'ha rapito de' tuoi giorni il riso,
      Che t'ha condotto a maledir la vita,
      È un traditore; di tua man tu il puoiSfrondar d'alloro e coronar di spini,
      E forse teco anco cacciar nel fango".
      Avresti avuta tanta calma, Paolo,
      Da ponderar s'ei dicea ver?
      PAOLO.
      Si piantaUn pugnale nel core al tuo nemico;
      Non si tradisce, a pro' dello straniero.
      Egli ha vinto, per voi!
      CORSO.
      Ciò piú mi cuoceChe la scure, e l'inferno, a cui m'appresso.
      (cogliendo da terra il pugnale, porgendolo a Paolo)
      O Paolo, non sprezzar l'unico pegnoDel mio rimorso che dar io ti possa.
      Tu che lo puoi, muori da forte.
      PAOLO.
      Il giornoChe la patria mi pose in fronte un serto
      Che non seppe difendere, giuraiDi non ristar nel mio cammin, guidasse
      Al patibolo pur. Ed in quel giornoTroppi vi furo di spergiuri, troppi,
      Senza ch'io mi v'aggiunga.SCENA V.
     
      CARCERIERI, e Detti.
     
      CARC.
      (a Paolo) È giunta, e chiedeDi parlarvi, una donna.
      PAOLO.
      A me? una donnaE chi è costei?
      CARC.
      Non so.
      PAOLO.
      Non è vietatoAd ognun, di vedermi?
      CARC.
      Ella ha un permessoDal signor Ravesten.
      PAOLO.
      Ah, lo comprendo!
      Ei credea che la vista della donnaChe m'ha tradito, mi riescisse, in questa
      Ora, siccome il riso di un'Erinni:
      E non intese che per me Teresa
      Ornai non è piú ch'un dei mille vermiBrulicanti a' miei piedi. Entri!
      (il carceriere esce).SCENA VI.
     
      TERESA, e Detti
     
      CORSO.
      Dio mioEssa ?... Ho peccato ; ma, Signor. tu aggravi
      Troppo la man sulla mia testa.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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