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      Né qui si gridi all'utopia, perocché tutto che poscia fu un fatto, prima fu un'utopia. E noi non pensiamo che 1'umanità possa di botto condursi al suo massimo perfezionamento, ma conviene vi appunti sempre il suo sguardo, per dirigervi il suo cammino; e quand'anche la lontananza non le permetta di discernere pienamente la remotissima meta, non deve disperare, ma fidare nella santità dell'entusiasmo che Dio le diede per presentire ed amare il bene, anche prima di distinguerlo pienamente.
      In quanto a noi, noi crediamo in tutto che è bello quantunque non giungessimo a precisarne l'applicazione; perocché il bello è faccia del vero, e Dio rivela i suoi arcani prima all'affetto che all'intelligenza, e prima al poeta profeta (vates) che al filosofo.
      Però veglieremo religiosamente sul fuoco sacro. Non che noi crediamo poter colle nostre parole destarne la fiamma! Ma cercheremo serbarlo vivo, acciò che altri un giorno (e forse non è lontano) possa destarla.
      DISCORSO TENUTO NEL DICEMBRE DEL 1847(163).
     
      È la seconda volta che qui, in Genova, noi tutti, prima divisi dalla fortuna, ci troviamo uniti. La prima volta fu il X dicembre sul mortaio di Portoria: l'altra è questa. Là sentimmo la necessità di essere uniti: qui la proclamiamo.
      Mi permetterete alcune brevi parole. Ciò che io vi dirò sarà forse esposto da me peggio che da qualsiasi altro; ma credo che esprimerà il sentimento di tutti. E vi hanno idee care cosí, che non basta il pensarle, ma piace ripeterle a sé medesimo, e si sente la necessità d'incarnarle nella parola, come l'artista di esprimere il suo concetto nell'opera della sua mano.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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