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      E perciò insulta la milizia? Perdio! che ciò fosse detto da un nemico, per seminar l'ira fra noi, lo comprenderei: ma in bocca di un Italiano, è almeno una follia. Se noi abbiamo un esercito, forse i nostri soldati sono i migliori del mondo. E perciò noi dobbiamo lasciar inerti gli altri elementi di forza che abbiamo? Questo ragionamento par quello di chi assalito dai ladri si tenesse la mano sinistra in tasca, dicendo che ha la destra libera. Ci si risponde: armeremo la guardia Nazionale, quando sarà incominciata la guerra. Ma per metterla in ordine, vi vorranno due o tre mesi. E due o tre mesi dopo il dí dell'assalto si ha vinto, e certo non s'instituirà la guardia Nazionale; a meno che non sperino apprender l'esercizio da gente che non parla italiano. Allora, coloro che dicono "si farà dopo", diranno: "peccato che non si sia fatto prima!" e l'Europa si maraviglierà di aver prese sul serio le parole di tali, che non sanno né essere schiavi, né essere uomini. E noi malediremo il giorno che la nostra non fu piú chiamata "terra di morti", perocché è meglio una terra di morti, che una terra di vivi e codardi.
      Il popolo lo sente, e chiede armi; gli si risponde che non istà bene a lui il parlare, che lasci fare, che si vedrà... Come se, quando si tratta dell'esistenza di una nazione, fossero lecite questioni di galateo! Intanto, noi siamo nello stesso caso di quando la guerra non parve neanche possibile. E noi somigliamo spaventosamente a quei Greci, che avevano i barbari alle porte, e disputavano di teologia.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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