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      Allora, ciò che restava dell'insurrezione fu totalmente spento, perché in quell'elemento si supponeva nascondersi il principio popolare: all'Italia fu sostituita l'Alta Italia, cioè al risorgimento d'una Nazione l'ingrandimento d'una monarchia; e invece di pensare a cacciar lo straniero oltre l'Alpi, si pensò al modo in cui questo nuovo Stato avrebbe compromesso l'esistenza degli altri Stati. Mentre prima si parlava di patria, poco dopo si discuteva di capitale: e questo era logico; al principio si era sostituito l'interesse. L'utilità di tal metodo fu provata, e le cose andarono come andarono.
      Molti pensano diversamente. Ma in questo, almeno, tutti converranno, che sarebbe pur stato meglio, che, perduta l'armata, tutto non fosse stato perduto, e che, se si fosse conservato un elemento il quale rispondesse all'eroe di Montevideo nell'estremo conato, si sarebbe almeno salvato il sacro fuoco dell'insurrezione e l'onor nazionale. La guerra che sta per cominciare abbia principio sotto migliori auspicii; e di ciò, quanto alla parte politica, ci dà molta speranza la migliore tendenza dell'opinione. Al principio della guerra, il movimento era traviato dalla scuola di Vincenzo Gioberti e di Cesare Balbo: la parola Italia non si udiva mai proferita, senza che fosse, direi cosí, coonestata, legalizzata con qualche evviva servile: perciò gli animi erano proclivi a confidar troppo nei principi, e fu facile offuscare l'idea nazionale, che balenò un istante fra le barricate di Milano, col rimbombo di certi nomi, circondati da un'aureola fittizia.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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