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      Il suo ricordo è bastato ancora a rifarla. Quale retorica è questa! Ed era giusto che la prima parte della nostra civile epopea avesse fine colà; che la stessa sventura delle armi nostre fosse esaltata alla vista del Campidoglio. Forte di quella idea, Goffredo diè l'inno alla patria, e sé stesso alla morte sotto il sacro Pomerio. Bell'anima, di cui tanto poco doveva rimanerci, dopo tante promesse! Ma quel poco è tutto vita, fede ed amore. Rapido arde il magnesio, ed è luce che abbaglia.
      Chi accese il sacro fuoco in quell'anima? Voi lo sapete, o Genovesi: tale che nacque tra voi, tale che attinse qui alle fonti del diritto, un fratel vostro, o studenti, e da voi ricordato, a vostro onore, in tavola di marmo. A me non diedero i tempi di seguire quell'uomo. Noi, tardi venuti, giovani appena al giorno della riscossa, travolse il fato delle nuove intraprese, avviò soldati un indirizzo prevalente: fare, seguendo chi prometteva di fare. Ma io ho amato quell'uomo e se tutto ancora non mi avvenne di dire ciò che io sento di lui, voi sapete, o Genovesi, o testimoni della mia vita, che non uscí mai dal mio labbro parola, né dalla penna una frase, la quale non fosse di reverenza profonda per lui. Piú vado innanzi negli anni, e piú ammiro quella vita, alteramente solitaria; più venero quella fede incorrotta; piú m'é grato il midollo del leone, che solo ai molli petti dispiace. Molti ideali falliscono alla prova dei miracoli; egli è dei pochi che non ha tradito nessuno. Piú vi accostate a quell'Ètna, e piú sentite l'ardore.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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