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      In questo noi seguiamo dunque Socrate che accettava le asserzioni dei suoi mediocri interlocutori così come venivano formulate per giungere a delle conseguenze del tutto diverse, forse anche opposte; e ciò perché noi, convinti col Brofferio che la chiarezza sia l'onestà dello scrittore ed anzi che lo scrittore tanto più è onesto quanto più è chiaro, lungi dallo sforzarci come i Filosofi ufficiali ad annebbiare di termini filosofici i loro scritti, un solo sforzo abbiamo fatto e solo per essere intelligibili a tutti.
      Dunque, avendo provato che i nostri ipotetici contraddittori non sono che dei Filosofi, malgrado la loro ostentata indifferenza per la Filosofia, e che quindi, essendo filosofi, sono contraddittori e nebulosi anch'essi, passeremo ora a provare come la Filosofia non sia contraddittoria ed astratta, ma coerente e concreta per eccellenza.
      Nel precedente capitolo noi abbiamo identificato la Filosofia con l'attività del pensiero, non per dare o accettare una definizione della Filosofia, ma solo perché ci pare che in essa tutti possiamo concordare, dai Filosofi ufficiali che lo affermano esplicitamente ai modesti cultori quali noi siamo, ai "vulgares" che lo ammettono implicitamente nella prima asserzione secondo cui non vi sono due filosofi che la pensino allo stesso modo il che equivale a dire che ogni filosofo la pensa a modo suo e non si contenta quindi di ripetere meccanicamente quello che hanno detto gli altri. Dunque anche i "vulgares" sono convinti che la Filosofa è null'altro che l'attività stessa del pensiero perché essi chiamano contraddittoria la Filosofia in quanto è un perenne dibattito, una perenne discussione, una perenne polemica; la chiamerebbero coerente se tutti i filosofi concordassero in tutto, cioè se la pensassero nell'identico modo, cioè se non fosse attività, ma semplice ripetizione meccanica che può essere attività della lingua o della mano, ma non del pensiero la cui attività, ci sembra ovvio, consiste nel pensare.


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La Ragione d'essere della Filosofia
di Giuseppe Mannarino
Tipogr. Abramo Catanzaro
1931 pagine 111

   





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