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      Infatti è stato precedentemente da noi provato che tanto quelle che ci sembrano asserzioni di mediocri, quanto quelle che sono proposizioni di pensatori più o meno profondi, non solo implicano, cioè presuppongono, un processo mentale, vale a dire un'attività del pensiero ma sono addirittura lo stesso processo mentale e la stessa attività del pensiero perché, nelle une come nelle altre, è insita la conoscenza di elementi, la critica valutativa, la conclusione affermativa o negativa - per cui noi possiamo senz'altro considerar come filosofia tanto quelle volgari asserzioni quanto quelle proposizioni profonde. Che se poi noi guardassimo e le une e le altre indipendentemente dall'attività del pensiero che le pensa e giunge ad esse attraverso un processo mentale, allora esse si ridurrebbero a formule fisse e quindi sarebbero pensato, ma non più pensiero, e perciò non sarebbero più filosofia.
      Pertanto - intendendo per filosofia l'attività del pensiero e per volgarità la confusione che vulgares e filosofi ufficiali fanno tra pensiero e pensato, cioè tra l'attività del pensiero ed il suo prodotto (che, considerato indipendentemente dall'attività produttrice, è nozione cioè sapere empirico o sapere volgare) - è ovvio che vi sia della filosofia nei vulgares come della volgarità nei filosofi ufficiali.
      Dunque tra vulgaris e filosofo non può esservi antitesi se nell'uno e nell'altro vi sono gli stessi elementi, attività del pensiero e passiva contemplazione dell'altrui pensato: vi è semplice differenza quantitativa consistente nel diverso grado di cultura e nella diversa intensità del potere di assimilazione della cultura stessa.


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La Ragione d'essere della Filosofia
di Giuseppe Mannarino
Tipogr. Abramo Catanzaro
1931 pagine 111