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      Questo, se potesse esser dimostrato, sarebbe un fondamento validissimo per stabilirvi, se non l'antitesi, almeno una distinzione tra la Filosofia e la Scienza in quanto la prima reputerebbe attivo il Pensiero e passiva la Natura su cui si esplica l'attività del pensiero, mentre la scienza sarebbe fondata sul principio opposto; ma in realtà presenta delle difficoltà gravissime, e cioè il dover supporre che il pensiero subisca passivamente la rivelazione della Natura, mentre questa supposizione dovrebbe poi farla il pensiero, pensando, cioè essendo attivo, ed il dover supporre - per il fatto che la Natura si rivela al pensiero gradualmente (diversamente la Scienza non potrebbe essere Storia) e con una rigorosissima logicità - che essa sia dotata di un pensiero che questa rigorosa logicità possa conferirle, ma in questo caso - che d'altronde ricorda uno stadio superato dalla Filosofia - noi avremmo che la vera attività non appartiene alla Natura, ma al Pensiero che sarebbe in essa immanente, in quanto sarebbe proprio il Pensiero immanente nella Natura che le permetterebbe di rivelarsi. Ed allora se l'esperienza non è la Natura, materialmente e dogmaticamente considerata, e quindi non è nemmeno lo strumento con cui si esperimenta perché esso è, come dice la stessa parola strumento dell'esperienza e non esperienza, è ovvio che questa esperienza non è altro che l'Uomo che esperimenta cioè il Pensiero in quanto attività. Resta quindi provato che la storicità della Scienza è in funzione della storicità del Pensiero, cioè della Filosofia.


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La Ragione d'essere della Filosofia
di Giuseppe Mannarino
Tipogr. Abramo Catanzaro
1931 pagine 111

   





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