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      Ora il fatto che "gli uomini dapprima sentono senza avvertire" non è in fondo che il momento dogmatico dell'attività del pensiero, cioè il momento in cui l'Uomo si affida alle sensazioni e crede che esse da per se stesse gli rivelano la pretesa realtà esterna, ma non avverte ancora le modificazioni dell'io cosciente che gli permettono di sentire o, meglio ancora, si affida alle sensazioni considerate come impressioni che il mondo esterno proietta su di noi e non si accorge della nostra reazione a questo mondo esterno, per cui quelle sensazioni sono e non possono essere che pensiero. Ma, allorché queste sensazioni si pongono tra di loro in contrasto per il tempo, il luogo e le circostanze, questo contrasto non può non generare dolore per l'impossibilità di conoscere la realtà esteriore, e questo dolore non è che il perturbamento, la commozione dell'animo - il che ci spiega come gli uomini in un secondo momento "avvertano con animo perturbato e commosso". Infine l'Uomo, non potendo, in quanto attività dl pensiero, contentarsi di questa posizione negativa, deve superare in una sintesi superiore, l'antitesi di dubbio e certezza, ed abbiamo quindi il momento critico, quello cioè in cui "ragionano con mente pura" e giungono attraverso questo processo ad una conclusione che è il dogma del ciclo successivo.
      Ora, tenendo presente questa concezione vichiana, e traendo le nostre conseguenze, avremo che, autoconsiderandosi la Religione in quanto forma religiosa come momento essenzialmente dogmatico, essa corrisponderebbe a quel primo periodo in cui gli uomini sentono senza avvertire che è proprio - come abbiam visto - il momento dogmatico dell'attività del pensiero, ed autodistinguendosi l'Arte per le emozioni che nell'artista provocano l'entusiasmo, il dolore ed il loro contrasto, essa corrisponderebbe a quel secondo momento in cui gli uomini avvertiscono con animo perturbato e commosso; infine la Scienza, autodistinguendosi pel suo rigore logico, non è che il momento in cui gli uomini ragionano con mente pura.


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La Ragione d'essere della Filosofia
di Giuseppe Mannarino
Tipogr. Abramo Catanzaro
1931 pagine 111

   





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