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      È chiaro dunque, per chi ci ha seguito attentamente, che le suddette correnti hanno un punto in comune, il mancato approfondimento delle proprie asserzioni, quella cioè che si chiamerebbe eccessiva superficialità.
      Viceversa la nostra critica abbastanza minuziosa ed esauriente ci ha condotti alla prova che non esistono attività umane autonome e distinte, e quelle che sembrano tali, guardate un po' più profondamente di quel che ordinariamente non si faccia, non sono che forme derivate dall'unica attività umana che è attività originaria del pensiero.
      Un terzo punto che abbiamo assodato, a proposito sempre delle correnti empiriche, è che esse sono le stesse in qualunque campo le abbiamo incontrato, cioè arrivano sempre ad una medesima conclusione: la distinzione delle attività umane, per cui noi le abbiamo riassunte logicamente in una corrente sola.
      Da questo nostro breve riassunto risulta ora un'altra cosa: se queste correnti concepiscono le forme dell'attività umana come attività distinte e ciò non possono fare se non prescindendo dall'originaria attività umana, perché è questa attività che distingue, il loro prescindere altro non è che un non accorgersene. In questo è appunto la loro empiricità, la loro superficialità.
      Ma intanto quell'attività originaria che esse negano, è in esse presente per distinguere le sue forme come Dio era presente all'Innominato proprio allorché ne dubitava; e, se quest'attività è appunto la Filosofia, anche quelle correnti sono filosofia non già nei distinti, ma nell'atto del distinguere.


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La Ragione d'essere della Filosofia
di Giuseppe Mannarino
Tipogr. Abramo Catanzaro
1931 pagine 111

   





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