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      pensieri della mente inebriata:
      Teco vegliar m'e caro,
      gioir, pianger con te: beata e purasi fa l'anima mia di cura in cura:
      in ogni pena un nuovo affetto imparo.
      Esulta, alla materna ombra fidato,
      bellissimo innocente!
      Se venga il dì che amor soavementenel nome mio ti sciolga il labbro amato;
      come l'ingenua gote e le infantililabbra t'adorna di bellezza il fiore,
      a te così nel coreaffetti educherò tutti gentili.
      Così piena e compitaavrò l'opra che vuol da me Natura:
      sarò dell'amor tuo lieta e sicura,
      come data t'avessi un'altra vitaGoder d'ogni mio bene,
      d'ogni mia contentezza il ciel ti dia!
      Io della vita nella dubbia viail peso porterò delle tue pene.
      Oh! re per nuovo obbiettoun dì t'affanna giovanil desio
      ti risovvenga del materno affetto!
      Nessun mai t'amerà dell'amor mio,
      e tu nel tuo dolor solo e pensosoricercherai la madre, e in queste braccia
      asconderai la faccia,
      nel sen che mai non cangia avrai riposo.
      .
      Ci asteniamo da qualsiasi commento, ma non possiamo non rilevare come la relatività e l'empiricità dei termini educando ed educatore sia affermata meravigliosamente allorché si dice che "nessuna donna che non sia madre possa intender l'atto d'amore in cui è l'educazione"; come sia affermata l'umanità e la unità dei termini stessi allorché, mentre la madre educa, poi impara dal figlio un nuovo affetto ad ogni pena e l'anima sua si fa pura e beata ad ogni preoccupazione; come sia affermata l'identificazione tra educazione e vita umana allorché si afferma che l'opera che vuol da noi la Natura non può dirsi compiuta coll'aver dato all'infanzia la nascita fisica; come infine sia affermata la storicità dell'educazione allorché nella mente della madre si prospetta il successivo svolgersi della personalità del fanciullo finché egli viene a balbettare le prime dolci sillabe, finché egli - preso da altri affetti - non abbia modo di convincersi che nessuno di essi può essere più forte o più disinteressato di quello della propria genitrice.


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La Ragione d'essere della Filosofia
di Giuseppe Mannarino
Tipogr. Abramo Catanzaro
1931 pagine 111

   





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