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      Nella Novella quinta della sesta Giornata di Giovanni Boccaccio così leggono col Testo del Mannelli gli altri buoni: Egli crederebbe che voi sapeste l'abbiccì. E nella Novella nona dell'ottava giornata: Voi non apparaste miga l'abbiccì. In oltre Giovanni Villani, libro secondo, capitolo 13, parlandosi di Carlo Magno: Fe' edificare tante Badìe, quante lettere ha nell'abbiccì. Che più? in Dante medesimo nel Convito così leggiamo: Sono molti idioti, che non saprebbono l'abbiccì. E là nella Divina Commedia, del Paradiso al decimottavo, ove, imitando Plauto, descrive alcuna cosa sotto le figure delle lettere D, I, ed L, con dire:
      Sì dentro a' lumi sante creatureVolitando cantavano, e facénsi
      Or, D, or I, or L, in sue figure;
      è chiaro che il D pronunziato veniva alla maniera d'oggi, conciossiachè più e più testi antichi a penna hanno questa lettera esposta con DI; lo che non ha, e non si ricerca che l'abbia un Testo del Buti da me osservato, per la ragione dell'esser quegli di patria Pisano. Anche ne' Sonetti del Bellincioni di un buono esemplare si legge:
      Metti un DI dov'è la R a dir rispetti.
      Similmente altrove:
      Non basta, disse, un PI, ch'io nacqui muto.
      il qual PI sta ivi a dimostrare la lettera P. Al che tutto aggiugner mi giova una, a mio credere, non ispregevol riprova, ed è che i nostri antichi Fiorentini quando per isbaglio, ovvero per ignoranza nel compitare, lasciavano scrivendo una vocale appresso al B, al C, e a somiglianti, non si vedrà giammai che tralasciassero l'E, ma bensì l'I; che non già sognato avrebbero l'E, in Geloso, o in Tesoro, nè scritto avrebbero Gometra per Geometra; bensì Biago per Biagio, e Cottolo scrivevano per Ciottolo, intendendo nel loro erroneo giudizio, che in Cottolo e in Biago a cagion della denominazione delle lettere C, e G, il CI, e il GI interamente vi si sentissero.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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